Senza por tempo in mezzo Enrico VI
assedia Napoli nel 1191 e Salerno, che cade nel 1194 subendo i conseguenti saccheggi,
devastazioni e violenze da parte dei soldati invasori. Nello stesso anno,
con l'aiuto delle flotte di Pisa e Genova, Enrico VI invade ed occupa la Sicilia.
La moglie di Tancredi di Lecce- morto improvvisamente sei mesi prima-, Sibilla,
(che con i figli del cancelliere salernitano Matteo D'Aiello, aveva tentato
una inutile resistenza, per poi consegnarsi ad Enrico ed assistere alla sua incoronazione
a re di Sicilia nel Duomo di Palermo), viene deportata in Svevia, col piccolo Guglielmo
III, ultimo discendente della dinastia normanna, il quale viene accecato, evirato
e rinchiuso nella fortezza di Hohenems nel Voralberg. Inizia, con la strage di centinaia
di baroni siciliani attirati a corte con la promessa di amnistia, la dominazione
Sveva dell'Italia Meridionale.
Enrico VI, eliminando con barbare
esecuzioni e torture la restante nobiltà normanna, riesce ad instaurare il
proprio sistema di dominio feudale prima di morire nel 1197, seguito, nel 1198,
dalla moglie Costanza d'Altavilla : il loro unico figlio, Federico, incoronato a
soli tre anni Re di Sicilia e Puglia, viene affidato alla tutela di Papa Innocenzo
III, reggente del Regno. La città di Salerno, per circa un decennio,
resta in potere del conte svevo Diopoldo di Roccadarce, vassallo di Enrico VI, fino
alla incoronazione , nel 1211 a Magonza, di Federico II di Svevia "stupor mundi".
Questo imperatore che per tanti versi è stato il principale personaggio dell'epoca
, è una figura cruciale per il destino della città di Salerno. Svevo da parte paterna
e normanno da quella materna, Federico II non percepì alcun legame di patria con
la prima capitale normanna, ma piuttosto con Palermo, dove passò parte dell'infanzia,
e con Napoli, dove venne meglio accolto, e di cui decise di favorire lo sviluppo
e l'importanza politica e militare a scapito di Salerno. Federico II incoronato,
a 13 anni, continuò, senza titubanze, la politica accentratrice ed assolutistica
del padre e del nonno. Sebbene colto e liberale nell'ambito della propria corte,
egli, che aveva vissuto l'infanzia sotto la continua minaccia di essere assassinato
da uno dei vari pretendenti al trono, si apprestò ad eliminare -in senso letterale-
tutte le possibili fonti di opposizione al suo dominio. Di questa politica furono
vittime
non
solo i vassalli che dimostravano una poco trasparente sottomissione,
ma anche le semplici espressioni di autonomia locale, le municipalità della miriade
di fiorenti comuni del mezzogiorno d'Italia che si erano sviluppate a partire dal
periodo bizantino e longobardo. La piccola nobilitate cittadina, le consorterie
di commercianti, le gilde di artigiani e di intellettuali, medici, speziali, notari
che nel nord d'Italia, e anche di altre parti d'Europa, avevano saputo tener testa,
anche vittoriosamente, al Barbarossa, furono, nel regno di Federico II, sistematicamente
eliminate e sostituite da fedeli vassalli e funzionari di uno stato feudale
e centralistico il cui fulcro era l'Imperatore. E' da questo periodo che nasce
la divaricazione nella cultura politica, economica ed amministrativa, tra il nord
ed il sud della Penisola: ad un nord frazionato in tante autonomie locali -che sfoceranno
nell'età dei Comuni e delle Signorie- si contrappone un sud forzatamente unificato
in un "Regno" con unica amministrazione, unica organizzazione ed unico centro di
potere. Tale diversità darà prova e sarà causa delle alterne situazioni di forza
e di debolezza che ciascuna organizzazione del potere politico produrrà nel corso
dei secoli seguenti.
Nel 1220 Federico II nomina l'arcivescovo di Salerno "giustiziere",
cioè giudice ed amministratore, degli abitanti delle terre della sua chiesa; nel
1224 fonda l'Università di Napoli, togliendo importanza allo "Studio" -ben più antico-
di Salerno, anche se nelle "Costituzioni Melfitane", l'imperatore svevo sancisce
il riconoscimento legale della Scuola Medica di Salerno. Nel 1250, dopo una epopea
indubbiamente ricca di avvenimenti che poco toccarono la città di Salerno,
muore Federico II e gli succede Corrado II che, tra i vari atti, riconosce alla
Scuola Medica Salernitana la qualifica ufficiale di "studium" ed aggrega
ad essa l'Università di Napoli; è questo probabilmente l'atto che riconcilia Salerno
con la dinastia sveva, anche se fu sotto il regno di Manfredi , nel 1258, che fu
ricostruita ed ampliata parte della cinta urbana e, grazie anche alle opportune
sollecitazioni del nobile salernitano Giovanni da Procida, fu costruito il molo
del porto cittadino. Ma nel 1266 Manfredi viene sconfitto
a Benevento, grazie anche alla defezione di molti suoi riottosi vassalli, da Carlo
d'Angiò, e l'idillio tra la città e la dinastia sveva si interrompe bruscamente.
Anzi la fedeltà dei salernitani agli svevi, testimoniata anche dall'impegno di Giovanni
da Procida nell'organizzare la resistenza e la rivolta al nuovo dominatore, provoca
la dura reazione degli angioini, e porta alla città distruzioni, soprusi, angherie
e devastazioni, in una tragica ripetizione di quanto era accaduto alla fine del
regno normanno. Due anni dopo la morte di Manfredi , Corradino di Svevia,
sceso in Italia per riconquistare quella parte del proprio impero, viene sconfitto
a Tagliacozzo e decapitato a Napoli nel 1268, determinando così la fine del dominio
degli Hohenstaufen.
Nonostante tutte le vicissitudini la città, nel frattempo, continua
la sua lenta espansione; all'inizio del periodo angioino Salerno appare divisa in
quattro rioni : il Planus Montis, la zona alta
della città che parte dal Castello e scende fino al decumano che unisce Porta Rotese
a est, con Porta Nocerina ad ovest; il locus
Veterensium, dove Guaiferio aveva consentito
si stabilissero dei profughi vietresi, che, tra vicoli e stradine, si estendeva
dalla chiesa di Santa Trofimena fino alla via degli Speziali; la
Curtis Dominica, che era il luogo più vitale della Città, dove era
situato il
palazzo principesco di Arechi, gli uffici amministrativi e giudiziari
e che confinava ad est con la Drapparia, attuale via dei Mercanti, e a sud
si apriva con la Porta di mare, direttamente sul Tirreno; infine ad
ovest il rione più recente l'Ortus Magnus, che
iniziava ad ovest con via Duomo, includeva la Cattedrale di San Matteo ed il castel
Terracena, ed arrivava ad est alla cinta muraria, sulla quale si apriva la porta
Elina, la Porta Nova, e, da ultimo, la Porta dell'Angelo, al piede del vicolo Ruggi.