Feudo Angioino
Alla casata tedesca degli Hoenstaufen si
alterna, dal 1266, nel dominio del meridione d'Italia, una nuova casa regnante di
origine francese: gli Angiò. Questo casato prende il nome dall'antica contea di
Angiers, nella Francia settentrionale, tra la Normandia e la Bretagna, fondata nell'
870 dal Capetingio Carlo il Calvo, ed assegnata, nel 1246, dal re Luigi XI al fratello
Carlo, capostipite del
primo ramo degli Angioini di Napoli. Il dominio Angioino
durerà fino al 1442.
Anche in
questo caso la successione e l'insediamento del nuovo casato non avvenne in modo
indolore. Gli Angiò, eleggendo Napoli quale loro capitale, avevano deluso le aspettative
di rinascita sia di Salerno che di Palermo, la quale ultima aveva ospitato, fino
a poco tempo prima la corte Sveva. In Sicilia infatti il genero di Manfredi di Svevia,
Pietro III d'Aragona, sposo di Costanza, alimentava nella nobiltà locale le speranze
di un ritorno agli antichi splendori, e, avvalendosi dell'opera del salernitano Giovanni da Procida, fedele sostenitore del casato svevo, fomentò la prima rivolta dei Vespri e poi la guerra contro gli Angioini. Questa guerra, iniziata nel 1282
si concluse nel 1303 con l'assegnazione provvisoria a Federico III d'Aragona, succeduto
a Pietro III, della Sicilia.
Da questa prima divisione del Regno tra due casate, quella francese d'Angiò e quella spagnola
d'Aragona, si arriverà ad una riunificazione effettiva del Regno
solo con i Borbone,
ed il Regno sarà denominato Regno delle due Sicilie.
L'arrivo
di Carlo I d'Angiò a Salerno quindi viene accompagnato da vari soprusi: alla Scuola
Medica Salernitana viene tolto il diritto di sottoporre i candidati agli esami di
laurea, a favore dell'Università di Napoli; viene distrutto, probabilmente negli
stessi anni, il Castel
Terracena, costruito dal Normanno Roberto il Guiscardo, e
testimone del passato ruolo di capitale della città; viene istituito, come nuova
fonte d'entrate per la corte Angioina, il Principato di Salerno, mentre Napoli è
proclamata, nel 1268, Capitale del Regno.
Il Principato
di Salerno, nato in ottica feudale e doganale, viene ulteriormente suddiviso, nel
1284 in "citra ed ultra serra Montorii", ricalcando a grandi linee, la divisione
dei territori Longobardi. Esso viene suddiviso in piccoli feudi, affidati a fedeli Angioini francesi, mentre la città, ricalcando l'antica funzione assegnatale dal
Senatus Romano, viene nuovamente fortificata in funzione militare.
Con un editto
di Carlo II
d'Angiò, nel 1294, vengono ridotte le tasse agli ebrei salernitani che
si convertono al cattolicesimo, mentre la vocazione commerciale della città viene
sempre più affiancata dal suo rinnovato ruolo di roccaforte militare. Anche le zone
di Pastena e San Mango vengono incluse nella sfera cittadina ed ospitano floridi
"viridari" (agrumeti) che sono, insieme ad altre redditizie coltivazioni ed agli
allevamenti di bestiame, la vera fonte di ricchezza dei feudi e dei notabili che
li amministrano.
L'aristocrazia
cittadina dell'epoca, i notabili locali, continuava a formarsi attraverso un lento
processo di stratificazione, che vedeva discendenti di bizantini e longobardi intrecciarsi
con normanni e svevi e, occasionalmente, con le altre popolazioni che incrociavano
il mar Mediterraneo. I più fortunati ed abili tra costoro, scampati alle susseguenti
guerre di casate, riuscivano a non perdere ogni avere ed a ricoprire, attraverso
l'universale presenza della Chiesa, e di qualche parente opportunamente in essa inserito, anche una qualche funzione "pubblica" di minore rilievo. Essi costituivano
un succedaneo di quella classe borghese che nel frattempo andava formandosi nelle altre zone d'Italia. In questo processo di integrazione antichi bizantini, combattivi
normanni, alteri svevi e forti longobardi e persino versatili arabi ed ebrei, diventavano
semplicemente salernitani, il popolo salernitano, che al successivo cambio di casata
avrebbe accolto i superstiti dei vecchi dominatori.
I notabili
salernitani quindi si dedicavano assiduamente alla gestione ed amministrazione dei
propri fondi ed allevamenti, adattandosi, di volta in volta alle nuove Casate regnanti
ed ai nuovi dominatori, subendone il più delle volte gli avversi destini, ma incapaci
o impossibilitati ad ampliare i propri orizzonti ed interessi oltre il limite del
feudo. Da queste famiglie, quali i Capograsso, i Guarna, i D'Aiello, i Quaranta,
i Della Porta, i Domnomusco, i De Ruggiero ed altri, le case regnanti attingevano
per prestiti e per vettovagliamenti ma anche per notai, avvocati, medici, amministratori
e funzionari regi. Tuttavia attraverso questo processo di acquiescente adattamento
gli stessi notabili rinunciarono al primato della conduzione dei destini della città
e dismisero i ruoli di classe dirigente per adottare quelli di classe amministrativa;
gli effetti di questo processo si sono poi rivelati nel corso
dei secoli a venire.
Nel corso
del dominio Angioino la Scuola Medica Salernitana ottiene di nuovo, per volontà
dalla regina Giovanna I, il diritto di rilasciare autonomamente le proprie lauree,
mentre il nobile locale Ruggiero Sanseverino ottiene, nel 1348, il titolo di protonotario
di Salerno. Nel 1408 la Regina Margherita, vedova di Carlo III di Durazzo, consegna
il regno Angioino al figlio Ladislao, trattenendosi quale appannaggio la città di
Salerno. Un suo gentiluomo di corte, Tommaso Guardati, noto come Masuccio Salernitano,
scriverà il "Novellino", imperniato sulle vicende cittadine.
La città
viene concessa in feudo alla Casa Colonna nel 1423 dalla regina Giovanna II, la
cui morte dà origine ad una guerra di successione tra Renato d'Angiò e Alfonso d'Aragona
per il Regno di Napoli. Dal 1442, per effetto di questo conflitto saranno gli Aragonesi
spagnoli i nuovi dominatori della città.
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